Il Figlio più Piccolo un film di Pupi Avati; con Christian De Sica, Laura Morante, Luca Zingaretti, Sydne Rome e con Massimo Bonetti, con Maurizio Battista, Pino Quartullo e Alessandra Acciai. In una afosa Bologna del 1992, Luciano Baietti (Christian De Sica) sta per convolare a frettolose nozze con la sprovveduta Fiamma (laura Morante), che lui chiama “scemina”, madre dei suoi due bambini, ma in men che non si dica, e a cose fatte, il Baietti sparisce nel nulla con il suo commercialista e con tutte le proprietà della neo-consorte. Passano alcuni anni, Baietti è ormai a capo di una lucrosa società, naturalmente la crisi economica e gli intrallazzi gestiti dalla sua elastica e sin troppo creativa amministrazione cominciano a dare i loro frutti avvelenati, il fisco incombe, la Guardia di Finanza è pronta a smantellare pezzo per pezzo la Baietti Enterprises portando a galla tutto il marcio nascosto con conseguenze facili da intuire. E’ un ritratto cinico ed amaro quello che fa Pupi Avati dell’Italia di oggi dei furbetti del quartierino, delle scatole cinesi finanziarie, l’Italia di un padre pronto a tutto pur di continuare a galleggiare in un mare di illegalità, tra appoggi politici, mazzette e ‘favori personali’, in un continuo e perenne baratto di aiutini, capaci di farti tirare a campare, fino a quando ovviamente la corda si spezza. Portando in sala i giorni nostri e partendo dalla Bologna del 1992 il regista Pupi Avati disegna così un paese terribile, allo sfascio, affidandosi ad una serie di personaggi tanto distanti l’uno dall’altro. Il matrimonio di Luciano Baietti e Fiamma, già genitori di due bambini di pochi anni, si consuma affrettatamente. Appena il tempo di un brindisi nei bicchieri di carta e lo sposo parte in compagnia di uno strano personaggio e con un mazzo di documenti con i quali la sposa gli intesta i suoi beni immobili. Anni dopo, ai giorni nostri, i due bambini sono cresciuti: il maggiore, Paolo Baietti, lavora in un locale del centro e odia quel padre scomparso nel nulla; il figlio più piccolo, Baldo Baietti, buono e generoso, studia cinema e vive modestamente con la mamma e con Sheyla, accompagnando le due donne nei loro patetici tentativi di carriera musicale e assistendo Fiamma nelle sue frequenti crisi esistenziali. Nel frattempo, nella campagna laziale, Luciano fa la bella vita nella sua lussuosissima villa: con i soldi della ex moglie e i consigli di Sergio Bollino, interpretato da Luca Zingaretti (vera eminenza grigia della Baietti Enterprise). De Sica è presidente e uomo immagine di una holding che vive di loschi traffici e spudorate raccomandazioni e connivenze. Ma i tempi si fanno difficili e gli appoggi iniziano a vacillare pericolosamente: la grande idea è trovare un prestanome sufficientemente ingenuo e fiducioso su cui scaricare la responsabilità delle situazioni più compromesse. Qualcuno che non sappia e non possa dire di no, qualcuno facile da raggirare, magari facendo appello a improbabili ragioni del cuore: Baldo… troppo inesperto e buono per scoprire la vera natura del padre… Purtroppo Baietti padre, con l’imminente fallimento della sua società, disastro che neanche un matrimonio organizzato ad hoc riuscirà a salvare, ripiomba nella vita del figlio minore abbandonato quindici anni prima e cresciuto con una figura paterna idealizzata in positivo, e ben lontana dalla realtà ignobile e truffaldina dell’egocentrico genitore, con il piano di intestargli tutta la baracca, scaricando su di lui tutte le nefaste conseguenze di un vita di intrallazzi all’insegna del compromesso. Un Avati in gran parte inedito quello visto e percepito ne Il figlio più piccolo, con un freddezza ed una cattiveria per nulla mascherate, narrate e metabolizzate attraverso la consueta veste dell’amarcord in celluoide popolato di simpatici ed irrimediabili perdenti, di schiette maschere che non lasciano adito ad alcuno scampo morale. Dopo il padre super-premuroso de Il papà di Giovanna (2008) e quello inadempiente de La cena per farli conoscere (2007), ora troviamo il padre scellerato e opportunista, che si ricorda di aver un figlio solo quando serve ai suoi biechi interessi. Rimanendo sul flusso di questa sospensione a metà, il film ora dà una pennellata di buon cinema con tinte dolci-amare e intimistiche, proprio quando Avati si muove nella sua Bologna, dando tocchi di siparietti che stonano un po’, se messi in scena contrapponendoli ai luoghi dell’alta finanza romana e delle indecenze dell’Italia dei furbi. Proprio qui, tra gli intrighi e gli imbrogli dell’immobiliarista e del suo fido notaio, la trama rischia spesso di intrecciarsi troppo e di toccare la caricatura. Il figlio più piccolo solletica ma non convince, tuttavia ha di certo il merito di aver scoperto Nicola Nocella, piacevole nei panni del ragazzotto sprovveduto che cade nelle trame del padre privo di scrupoli. Troppe le imprecisioni registiche, in sostanza un film che non decolla, anche se trascinato da un ottimo Christan De Sica, finalmente tornato a fare il suo mestiere: l’attore.

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