Un’autentica ovazione per l’atteso nuovo film di Paolo Virzì, letteralmente travolto da un’ondata di sentiti, calorosi, meritati e commossi applausi. In una Livorno da cartolina, ricca di storie e di personaggi, il regista toscano ha realizzato il suo film più commovente, intimo e riuscito, facendo così volare in alto il tanto criticato cinema italiano. Semplice, ma al tempo stesso complesso, articolato su più piani temporali, attraverso un quarantennio di storia “livornese”, La Prima Cosa Bella sorprende per la sua lucida e delicata bellezza, grazie ad un ottimo cast di attori, dominato da un sempre più bravo Valerio Mastandrea, da una perfetta Claudia Pandolfi, da una sorprendente Micaela Ramazzotti e da una sublime Stefania Sandrelli, capace con il suo dolce sorriso di regalarci la prima cosa bella di questo 2010 cinematografico italiano. Si racconta senza giudizio finale la morte di un parente caro vissuto con rancore, ma perché di quel rancore non abbiamo mai una spiegazione convincente, lasciandoci sopportare, ma mai amare e comprendere pienamente, il protagonista testone che torna a casa costretto a ricordare il suo passato. Il film viene raccontato da Virzì con un’ottica inconsuetamente aperta attraverso immagini tra il sogno e il ricordo ed una fotografia giallo/arancione da tramonto d’estate, che vede il tormentato professore di italiano di un istituto alberghiero di Milano tornare a Livorno per gli ultimi giorni di malattia della mamma ” caciarona”. Nel suo inizio “vintage”, fatto di colori caldi e patinati, quelli di una foto d’epoca, vediamo Anna eletta “mamma più bella” ai Bagni Pancaldi, lo stabilimento balneare più famoso di Livorno, davanti ai figli Bruno e Valeria, e al marito, che da quel momento vivrà di gelosie, e renderà impossibile la vita di Anna e dei suoi figli. La prima cosa bella è una canzoncina che Anna canta ai bimbi per rincuorarli dopo che l’uomo li ha cacciati tutti e tre da casa. Accolto con freddezza dalla sorella Valeria (Claudia Pandolfi, molto profonda) che non gli perdona di essere scomparso all’improvviso anni prima, il professor Bruno (Valerio Mastandrea, così poco autoindulgente) entra nell’inferno della memoria arrabbiata e comincia a rimettere a fuoco papà Mario e soprattutto mamma Anna, protagonista con loro bambini, di lunghi flashback nei ’70 Per Bruno è un modo per fare i conti con il passato, con una madre bellissima, vitale e frivola che gli ha condizionato la vita. Ma La prima cosa bella, anche se non è un film autobiografico, è un ritorno a casa anche per Virzì, che torna nella sua Livorno, abbandonata tanti anni prima un po’ bruscamente, un po’ come Bruno e come lui deve fare i conti con le sue origini, con luoghi e tipi che ne hanno caratterizzato l’adolescenza, per girare il suo film più drammatico e toccante…. C’è anche Dino Risi in questa pellicola. Siamo a Livorno negli anni Settanta, e il regista (impersonato dal figlio Marco) sta girando a Castiglioncello un film nel quale Anna Nigiotti in Michelucci, la nostra protagonista, ha una particina. Bruno e la sorella Valeria assistono alle peripezie della madre cacciata di casa dal marito geloso, costretta ad un lungo peregrinare, figli al seguito, rincorrendo un sogno fragile come cristallo. È un film dolce e amaro al contempo, carico di ironia e di depressione (quella di Bruno) di leggerezza e ingenuità (quella della madre Anna, che passa per incanto dalla nuova musa di Virzì Micaela Ramazzotti a una svampita e irresistibile Stefania Sandrelli, che impersona Anna da adulta), di dolcezza e spaesamento (quelli dell’altra figlia Valeria, un’intensa Claudia Pandolfi, forse davvero troppo bella e giovane per fare dei ruoli in cui è già madre). Sono dolci, spaesate, eppure forti d’animo le donne di Virzì: come Anna che si fa abbindolare da chi le offre la bella vita, ma che riesce anche a trovare sempre una via d’uscita alle situazioni, consapevole di avere tutta la vita davanti. Le due attrici non si somigliano neanche un po’, ma questo aiuta l’idea di fondo ovvero che ciò che abbiamo vissuto come un inferno da ragazzini quando i nostri genitori litigavano, le zie cattive ci rapivano il papà e c’erano le liti coi compagni di classe. Tutto questo diventa improvvisamente un ricordo ironico nel finale. E’ soprattutto questo La prima cosa bella: la distanza tra il ricordo doloroso (Bruno) e la capacità di vedere nell’imperfezione della vita (la vecchia Anna ride come una pazza quando scopre di dover sposare un uomo di nome Loredano) il senso di un equilibrio. La capirà Bruno? Forse dopo l’ultima scena… Cosa vuol dire avere una mamma bellissima, vitale, frivola, imbarazzante? E’ il cruccio che ha accompagnato tutta la vita del primogenito di Anna, fin da quando aveva otto anni. Inizia un’avventura che si concluderà solo ai giorni nostri, con un inattesa struggente riconciliazione. Paolo Virzì è un regista che ama filtrare ricordi e suggestioni con una certa nostalgia, in frammenti e caratteristiche tipiche di personaggi tanto malinconici quanto amari, ma con un gran cuore da far capire al mondo, e con in fondo un gran bisogno d’amore. Io come al solito, ho pianto tantissimo, anche perché ho vissuto la perdita dei familiari per malattie terminali, ed è stato come rivivere quel dolore, che non passa mai e rimane dentro.

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